Ciao sono Silvana. Ti ringrazio per il tempo che mi dedichi nel leggere la mia storia personale.
Sono nata a Torino il 2 novembre 1964. E già non c’è da stare allegre nel nascere il “giorno dei morti”, in un mese, novembre, che negli anni ’60 a Torino era veramente caratterizzato da quella nebbiolina umida e spessa che non ti faceva vedere oltre il tuo naso. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora (e l’acqua è quella del mio bel fiume Po’ che attraversa Torino) e neanche la nebbia è più quella di una volta. Anzi, a dirti il vero sono ormai per fortuna rarissime le giornate nebbiose.
Forse un po’ di venatura nostalgica deriva proprio da lì, anche se,in realtà, sono una persona molto vitale e positiva.
Come avrai forse desunto dalle poche righe, mi piace fare autoironia, perché, nel tempo, ho imparato che l’umorismo è un superpotere che aiuta a navigare nel mare magnum della vita con maggior leggerezza. E’ un salvagente cui spesso mi sono aggrappata facendomi dire che, alla fine, la vita è spesso così strana e a volte così assurda che non deve essere presa troppo sul serio.
Mamma mia, quanta saggezza!
Gli inizi
Calma, devi sapere che non sono mica nata “imparata”. Anzi … sono stata una bambina parecchio timida, che diventava rossa quando qualcuno le rivolgeva la parola, ma soprattutto, che aveva grosse difficoltà a riconoscere i suoi bisogni e a farli valere. Sai quelle strane idee del tipo “ gli altri sono meglio di me”; “ non è il caso di disturbare”; “ per me è lo stesso”; “ facciamo come dici tu …”
Il demone della timidezza e dell’eccesso di adattabilità ( che ovviamente non chiamavo così da piccolina) mi hanno impedito di godermi a pieno i primi anni di socializzazione. Per esempio, sono andata all’asilo per pochi mesi e poi un “increscioso incidente” di percorso mi ha fatto talmente vergognare di me, da farmi mettere in pratica una soluzione per nulla vincente, quale quella dell’evitamento. Sai quando abbiamo paura di qualcosa, siamo ansiose, iniziamo ad evitare quella cosa che ci fa paura e, così, la cosa diventa
sempre più difficile da affrontare. Ma va beh … e chi lo poteva sapere all’epoca !!
Scommetto che sei curiosa di sapere cosa mi è successo.
Dai, facciamo così: se per caso avremo modo di conoscerci di persona o di sentirci telefonicamente te lo racconto.
Il desiderio di essere accettata
Pian piano, andando avanti alle elementari ( e a quelle bisogna andare, non potevo più stare a casa con mamma!) ho scoperto che mi piaceva tanto stare con i miei coetanei, anche se, il mio bisogno di essere accettata all’epoca era ancora veramente forte e, pur di essere ben voluta, spesso non esprimevo la mia vera natura per assecondare il volere degli altri compagni (oggi, col senno di poi, direi che non permettevo la mia autorealizzazione, ma prima di arrivare a questo concetto dovevo ancora inciamparmi più volte.
E sì … perché forse anche tu ti sarai accorta che nella vita di ognuno di noi ci sono delle cose che si ripetono ciclicamente, magari con modalità differenti, ma alla fine il problema è più o meno lo stesso. E la vita, se te li ripropone, è perché vuole aiutarti a risolverli. Ma anche questo l’ho imparato più tardi!).
Il salto qualitativo nelle relazioni l’ho avuto in seconda media, entrando in parrocchia. All’epoca quasi tutti i ragazzi passavano i pomeriggi in oratorio e lì, pur continuando ad avere bisogno di approvazione, e ad essere timida, l’essere a contatto con tanti coetanei mi ha spinta a mettermi in gioco, ad assumermi progressivamente dei ruoli di responsabilità, a sentirmi riconosciuta come punto di riferimento per altri e a scoprire alcuni miei punti di forza che stavano germogliando e dei quali poi nel corso della mia vita pian piano ho sempre più preso coscienza e che mi consentono di abbassare l’influenza dei miei “demoni”. Ad esempio, man mano che ho imparato ad usare l’umorismo e l’autoironia, ho smesso di arrossire davanti agli estranei.
L’autorealizzazione
Il cammino della mia autorealizzazione era ancora però molto lungo. Mi diplomo perito aziendale e corrispondente in lingue estere. Una scuola scelta per far piacere prevalentemente a papà, più che a me stessa ( a ridagliela con ‘sto demone dell’accontentare sempre tutti!).
Non so te, ma io ho sempre avuto questa “strana malattia di raggiungere la perfezione” in ogni cosa e a procedere come un mulo verso l’obiettivo, quindi mi sono diplomata a pieni voti. Siamo nel 1983 e all’epoca, se ti diplomavi bene, le aziende venivano a cercarti per offrirti lavoro, pensa un po’, a tempo indeterminato ( lo so, sembra fantascienza oggi). Un’occasione da non perdere. E, così ho fatto. Mica vuoi dare dispiacere ai tuoi e rifiutare un’occasione arrivata su un piatto d’argento! Peccato che io non abbia per nulla ascoltato quella parte di Silvana che mi diceva: “ ma a te piace studiare, vuoi laurearti ed insegnare”.
“No va beh, dai … fa lo stesso. Zitta vocina. Lasciami perdere. Per me fa lo stesso …”
Iniziano 3 anni in cui mi sono sentita come un carcerato ad Alcatraz ( e va beh quanto esageri !). Sì, sì, invece: non ero in prigione, ma è così che ho vissuto quell’esperienza lavorativa. Per una come me che è estremamente curiosa, creativa, docile, ma non facilmente imbrigliabile, lavorare in ufficio facendo più o meno tutti i giorni le stesse cose o dovendo far finta di lavorare quando non c’era niente da fare (perché fino alle 17 bisognava comunque stare in ufficio!)perché se no il “capo” ti guardava male, era l’equivalente della morte civile.
La crescita personale
Ecco che il mio percorso di crescita personale comincia da un’insoddisfazione di fondo, dapprima molto latente, che poi ha iniziato a manifestarsi una decina di anni dopo in modo sempre più prepotente.
Nel frattempo divento mamma di tre splendidi pargoli e per un po’, la mia vocazione professionale, la mia sete di sapere e curiosità sono rimaste congelate in qualche recondito angolo della mia psiche per dare spazio ad una parte molto importante della mia autorealizzazione che è stata quella della maternità.
Sono grata alla vita per aver potuto godermi i miei cucciolotti nelle fasi più importanti della loro crescita. Poi i frugoletti sono cresciuti e io ho iniziato ad avere troppo tempo a disposizione. E dalla mia psiche si sono “scongelati” tutta una serie di pensieri che avevano come denominatore comune la parola “insoddisfazione”, “ senso di inferiorità” ; “frustrazione”.
Per far tacere queste vocine, spinta anche da mio marito, che non ha mai ostacolato il mio processo di autorealizzazione, ho iniziato a cercare in giro dei corsi per vedere di trovare un modo di reinserirmi nel mondo del lavoro, cercando di nutrire contemporaneamente il mio forte amore per il sapere.
Pensando di essere fuori tempo massimo per fare l’università, mi sono iscritta a dei corsi di naturopatia, perché mi è sempre piaciuta molto l’idea di prendermi cura di qualcuno e di aiutarlo in qualche modo a migliorare la sua esistenza. In questa scuola, ho frequentato un corso di ipnosi in cui è riemerso prepotentemente l’interesse per il funzionamento dell’essere umano, e, in modo particolare, della mente.
Pian piano capisco che ciò che veramente mi fa star bene ed autorealizzata è poter accompagnare le persone alla ricerca della loro felicità più autentica, scoprendo i loro talenti e il loro scopo nella vita.
Già, ma come fare per farlo?
Ecco che la mia vocina interiore si fa nuovamente sentire e mi dice di riprendere a studiare, per poter essere una professionista in grado di offrire competenza e preparazione.
La grande decisione
Grazie al sostegno della mia famiglia, prendo la grande decisione di iscrivermi all’università. Ma, di nuovo, si sa che la vita non è una bella corsa in discesa e riesco ad iscrivermi niente meno che ad Urbino.
Quindi si prospetta l’idea di viaggiare tra il Piemonte e le Marche. P A N I C O … mille pensieri attanagliano la mia mente. Un cumulo pazzesco di sensi di colpa verso i miei figli ( ce la faranno a sopravvivere senza mamma, quando si assenta per gli esami?) e ansia a mille per dovermi rimettere a studiare e sostenere gli esami.
Sicuramente inizia un bell’ allenamento ad uscire dalla famosa Zona di Confort (ti assicuro che i “muscoli della forza di volontà” facevano tanto male).
Al primo esame mi tremavano le mani e quasi non ricordavo il mio nome. Mentre aspettavo di passare all’orale, l’unica cosa che riuscivo a pensare era “Voglio andare a casa dai miei figli. Che cosa ci sto a fare io qui? “
La forza ebbe inizio…
Da quel primo esame, che ha rafforzato in me la potenzialità della perseveranza, pian piano ho acquisito fiducia, ho conosciuto tante donne mie coetanee che erano alle prese con la mia stessa avventura e questo mi ha dato forza.
C’era chi si stava prendendo una seconda laurea, ma la maggioranza era come me, cioè donne che non avevano potuto prendersi una laurea prima.
Dopo la laurea, scelgo di indirizzare la mia professione verso l’area della crescita personale, perché ritengo che la vita sia un costante allenamento della nostra innata spinta ad autosuperarci e migliorarci; spinta che, se non assecondiamo, ci porta invece a vivere una vita stagnante, creandoci nel tempo malessere ed insoddisfazione. Decido allora di iscrivermi alla Scuola di Coaching Umanistico di Luca Stanchieri e divento Coach Professionista.
Professione che svolgo con immensa passione da numerosi anni e che mi ha dato il privilegio di accompagnare centinaia di donne nel meraviglioso cammino della scoperta e realizzazione di se stesse, per poter finalmente vivere la vita che desiderano.
Non c’è niente di più bello che vivere la propria vita seguendo la nostra intima essenza, cercando di diventare la miglior versione di noi.
Questo a qualunque età.
Infatti il mio slogan è